mercoledì 11 maggio 2016

Dove va l'economia di oggi?

Come filosofo dell’economia ho scritto, tra gli altri, il volume Economia e Indifferenza in cui si analizza senza la storia dell’Occidente spiegando le ragioni profonde delle nostre scelte culturali e quindi anche delle scelte economiche, il cui portato spiega la situazione di oggi da un punto di vista decisamente differente.
E’ tragicamente sbagliato pensare che l’economia sia una serie di espressioni numeriche che portano ad una sintesi più ordinata delle cose del mondo; non nel senso che questo non sia vero, ma perchè certi modi di pensare che ormai ci appartengono provengono dal modo di pensare cristiano.
L’Occidente è nato poco più di 2500 anni fa e si basa su due pilastri: il pensiero greco e il pensiero cristiano, dove il secondo ha imposto la sua influenza.
Oggi noi abbiamo la caratteristica di disporre grazie ai greci del pensiero astratto, e cioè di quel pensiero che procede per costrutti della mente astraendo dal mondo sensibile, perché i corpi cambiano e non sono fonti di verità. Da questa cultura astratta è nato l’Occidente.

Il modo di pensare di oggi, quello che imposta anche tutta l’economia e quindi lo sviluppo dei paesi moderni, è “tripartito”, nel senso che i greci avevano la vita e la morte, il bianco e il nero, mentre i cristiani hanno la terza opzione, il grigio, quindi c’è la vita, la morte ma anche la speranza.  
Questo modo di vedere le cose è oggi presente dappertutto.  
Nella cultura occidentale Dio è sempre stato tra noi. Se guardate al Medioevo, epoca in cui esistevano inferno, paradiso e in cui nacque anche il concetto di purgatorio, Dio esisteva, anzi: se provate a togliere la parola “Dio” dal Medioevo non capite più nulla, ma se la togliete dai tempi di oggi, li capite lo stesso. Provate a togliere ai tempi di oggi la parola “denaro”, li capite lo stesso? La risposta è no.
Il denaro è il generatore simbolico di ogni valore perché mi dice solo che cosa è utile. Il denaro, diceva Aristotele, non può produrre ricchezza perché non è un bene, è solo il simbolo di un bene.  
Il denaro è diventato il problema.  Si parla di crescita, ma oggi l’economia confligge radicalmente con il mondo della vita. Ogni volta che non c’è la crescita c’è un allarme generalizzato. Il capitalismo ci prevede solo come produttori e come consumatori. Alla politica spetta il luogo della decisione; oggi invece assistiamo a una politica che non prende più decisioni perché guarda all’economia. Nessun governo decide più se non ha sentito l’opinione dell’economia e della sua sorella più furba, la finanza.
Le idee non sono importanti per il loro significato ma per il loro effetto storico e purtroppo per vederlo ci vogliono generazioni di uomini. La storia d’Italia da dopo il 1945 ha assistito alla rapida crescita della ricchezza media che si accompagnava ad un aumento del benessere medio. Adesso è tutto finito. A livello planetario il mondo è andato avanti e decine di milioni di persone sono uscite dalla povertà. Ed è cresciuta la disuguaglianza.
In realtà, la crisi è stata prodotta dal crollo dei valori dell'uomo, ridotto a strumento del ciclo economico, con l'affermazione inequivocabile della totale autonomia morale dell'economia.

Da troppo tempo il valore di un uomo è legato a quanto può produrre e guadagnare, consumare e spendere. E a null'altro. Questo modello capitalistico si è dimostrato inconsistente e dannoso, producendo una utopia economica che ha provocato degenerazioni. Tutto vero. Eppure in Italia c’è dell’altro; mancano denari e manca liquidità, ma questa è solo la cosiddetta punto dell’iceberg; in Italia manca ben altro. Le carenze infrastrutturali sono purtroppo prima di tutto mentali, e impediscono spesso ai più giovani di pensare, e questo è il terreno più pericoloso in cui avventurarsi, perché uccidere lentamente il nostro futuro è un crimine contro l’umanità ed è il male, quello vero. L’indifferenza dovrebbe essere un reato. E’ il vero male di oggi.