Come filosofo dell’economia ho
scritto, tra gli altri, il volume Economia
e Indifferenza in cui si analizza senza la storia dell’Occidente spiegando
le ragioni profonde delle nostre scelte culturali e quindi anche delle scelte
economiche, il cui portato spiega la situazione di oggi da un punto di vista
decisamente differente.
E’ tragicamente sbagliato pensare
che l’economia sia una serie di espressioni numeriche che portano ad una
sintesi più ordinata delle cose del mondo; non nel senso che questo non sia
vero, ma perchè certi modi di pensare che ormai ci appartengono provengono dal
modo di pensare cristiano.
L’Occidente è nato poco più di
2500 anni fa e si basa su due pilastri: il pensiero greco e il pensiero
cristiano, dove il secondo ha imposto la sua influenza.
Oggi noi abbiamo la
caratteristica di disporre grazie ai greci del pensiero astratto, e cioè di quel
pensiero che procede per costrutti della mente astraendo dal mondo sensibile,
perché i corpi cambiano e non sono fonti di verità. Da questa cultura astratta
è nato l’Occidente.
Il modo di pensare di oggi,
quello che imposta anche tutta l’economia e quindi lo sviluppo dei paesi
moderni, è “tripartito”, nel senso che i greci avevano la vita e la morte, il
bianco e il nero, mentre i cristiani hanno la terza opzione, il grigio, quindi
c’è la vita, la morte ma anche la speranza.
Questo modo di vedere le cose è
oggi presente dappertutto.
Nella cultura occidentale Dio è
sempre stato tra noi. Se guardate al Medioevo, epoca in cui esistevano inferno,
paradiso e in cui nacque anche il concetto di purgatorio, Dio esisteva, anzi:
se provate a togliere la parola “Dio” dal Medioevo non capite più nulla, ma se
la togliete dai tempi di oggi, li capite lo stesso. Provate a togliere ai tempi
di oggi la parola “denaro”, li capite lo stesso? La risposta è no.
Il denaro è il generatore
simbolico di ogni valore perché mi dice solo che cosa è utile. Il denaro,
diceva Aristotele, non può produrre ricchezza perché non è un bene, è solo il
simbolo di un bene.
Il denaro è diventato il problema.
Si parla di crescita, ma oggi l’economia
confligge radicalmente con il mondo della vita. Ogni volta che non c’è la crescita
c’è un allarme generalizzato. Il capitalismo ci prevede solo come produttori e
come consumatori. Alla politica spetta il luogo della decisione; oggi invece
assistiamo a una politica che non prende più decisioni perché guarda
all’economia. Nessun governo decide più se non ha sentito l’opinione
dell’economia e della sua sorella più furba, la finanza.
Le idee non sono importanti per
il loro significato ma per il loro effetto storico e purtroppo per vederlo ci
vogliono generazioni di uomini. La
storia d’Italia da dopo il 1945 ha assistito alla rapida crescita della
ricchezza media che si accompagnava ad un aumento del benessere medio. Adesso è
tutto finito. A livello planetario il mondo è andato avanti e decine di milioni
di persone sono uscite dalla povertà. Ed è cresciuta la disuguaglianza.
In realtà, la crisi è stata
prodotta dal crollo dei valori dell'uomo, ridotto a strumento del ciclo
economico, con l'affermazione inequivocabile della totale autonomia morale
dell'economia.
Da troppo tempo il valore di un
uomo è legato a quanto può produrre e guadagnare, consumare e spendere. E a
null'altro. Questo modello capitalistico si è dimostrato inconsistente e
dannoso, producendo una utopia economica che ha provocato degenerazioni. Tutto
vero. Eppure in Italia c’è dell’altro; mancano denari e manca liquidità, ma
questa è solo la cosiddetta punto dell’iceberg; in Italia manca ben altro. Le
carenze infrastrutturali sono purtroppo prima di tutto mentali, e impediscono
spesso ai più giovani di pensare, e questo è il terreno più pericoloso in cui
avventurarsi, perché uccidere lentamente il nostro futuro è un crimine contro
l’umanità ed è il male, quello vero. L’indifferenza dovrebbe essere un reato.
E’ il vero male di oggi.
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