martedì 13 dicembre 2016

Un po' di igiene mentale

Fare bene le cose costa, così come costa molto mangiare, bere e vestirsi come si deve. Lo stesso succede quando si desidera vivere bene: si può pensare di desiderare un qualcosa che in realtà non vogliamo.
Se una persona non è felice di come la sua vita sta andando, tutto sommato gli va bene così. Può infatti chiedere aiuto, riceverlo o semplicemente chiedere a se stesso di cambiare, anche perché il modo migliore per prepararsi e decidere di fare una cosa è farla. Si può decidere a qualsiasi età, ma è consigliabile, se l’età va troppo avanti, dimenticare o cancellare dai nostri discorsi i modi condizionali dei verbi perché il mondo è pieno di persone che, dopo essersene rimaste sedute per trent’anni o più sulle loro mutande un bel momento si alzano e dicono avrei saputo, avrei potuto, avrei voluto, ormai è troppo tardi, oppure quella frase odiosa che dice: “perso per perso” (per 3,14 che è la circonferenza della merda).
Per incominciare a essere felici è sufficiente scoprire se stessi, ma questa può essere una cosa molto pericolosa per il motivo più semplice: crediamo di aver capito chi veramente siamo e magari è tutto falso perché molto spesso ci succede di pensare di noi stessi cose che non sono vere.
Bisognerebbe anche, per farlo bene, capire che cos’è la felicità, ma questo è un altro discorso.
Da dove si incomincia a essere felici? Dallo studio del proprio passato.
Però qui dovreste essere degli scolari distratti perché dovrebbe trattarsi di uno studio svogliato, impreciso e sfocato, come solo può essere lo studio di qualcosa che ci riguarda e che è accaduto molto tempo fa, anche perché il nostro ricordo non è solo un ricordo, ma il ricordo di un ricordo di un ricordo (Simon, 1991), perciò lasciamo perdere.
Con il vostro passato è meglio lasciar perdere. Quando siete nati Dio o l’evoluzione vi hanno mandati in terra nudi come animali ma con un sacchetto sulle spalle e vi hanno chiesto, solo chiesto però, ed educatamente, per giunta, di riempirlo di ogni cosa voi riteneste tornasse utile – e già questo fu un errore, fidarsi del vostro giudizio! - ma ormai: Dio se vi ha creato significa che vi vuole bene - se invece vi ha creato l’evoluzione, diciamo che non gliene importa molto di voi –, quindi vi fu chiesto di riempirlo di esperienze, di lezioni e di altre cose interessanti, ma vi fu anche detto di non metterci dentro lo sconforto, il dolore, la pena e la sofferenza. E voi avete fatto l’opposto! 
Avete messo dentro a quel sacco tutti i disastri che avete subito o di cui siete stati artefici, ma avete lasciato le lezioni fuori. 
Qualcuno vi ha umiliato quando eravate bambini dicendo brutte cose su di voi o sui vostri genitori? Dentro il sacco.
Non avevate i genitori o ne avevate solo uno e qualcuno si è permesso lo stesso di dire qualcosa? Dentro il sacco.
Qualche volta avete fallito, magari siete stati anche bocciati al Liceo? Dentro il sacco.
Vi siete sposati con una persona che è sì il vostro amore, ma non un amore così grande? Dentro il sacco.
Avete avuto un rifiuto da una ragazza – o da un ragazzo – che vi piaceva? Dentro! Una cosa: siete sicuri che gliel’avevate chiesto o che lui o lei avesse davvero capito le vostre intenzioni? Sì? Mah!
È chiaro adesso che quando vi incontro e vi chiedo “come va?” mi guardate torvo e sorridete amaro; la vita è un disastro. Ma attenzione: la vostra vita è un disastro, non la mia.
Allora, la vita che avete sprecato è vostra ma anche un po’ mia perché ogni uomo vive per gli altri, e questa è la sostanza della dignità, dio o non dio. E perché allora volete darmi un dispiacere?

Nella vita avete dimenticato tanto, lo avete fatto per l’interrogazione di matematica, per i fiori al compleanno di vostra sorella e allora, per cortesia, dimenticatevi anche di ciò che vi ha sempre detto la mamma o di quello che avreste voluto vedere o sentire dal papà e che invece non ha mai fatto perché ormai non ha più alcuna importanza.
Non ha alcuna importanza ormai ciò che vi è successo perché se continuate a vivere nutrendovi del passato non avete spazio mentale per vedere il futuro che vi aspetta e che per la maggior parte sarà fatto di cose che avrete saputo farvi da soli.
Noi tutti abbiamo la tendenza a vivere nel passato e per me questa è una colpa.
Il nostro paese vive ancora nel passato: quando si gioca a calcio si pensa a quando abbiamo vinto i mondiali e a quanto è stato bello e tra l’altro diciamo “abbiamo” mentre il modo corretto sarebbe “hanno”, perché mentre i calciatori giocavano voi eravate seduti a guardare la televisione.
Quando si parla di lavoro si parla di tasse e non di profitti.
Quando si scopre per la prima volta un paese estero si dice subito che i suoi abitanti e le loro abitudini sono migliori delle nostre, di solito conoscendo male le loro e malissimo le nostre.
Fino a quando continueremo ad incolpare gli altri di cose che noi faremmo volentieri? Facile soprattutto dirlo.
Dimenticare il passato non significa non imparare da esso. Per riuscire a farlo bisogna prendere il sacchetto – quella roba di prima, quella piena di schifezze – e rivoltarlo sottosopra.
Guardate la roba che ne fuoriesce: qualcosa si romperà, qualcos’altro rimbalzerà, ma una cosa sarà evidente: di tante cose non vi ricorderete più.
A questo punto sarebbe facile chiedersi: come possono servirmi queste esperienze? Ma non è una domanda giusta e la cosa, poiché non sapreste mai trovare la risposta, si concluderebbe come un’altra esperienza negativa da aggiungere e con cui riempire un nuovo sacco.
No. Ci si dovrebbe chiedere invece: a che cosa possono servire queste esperienze per gli altri?
Gli altri. Gli altri sono la chiave di tutto.
Chi più dà più riceve, e non lo dice il parroco, ma chi vive bene e sta bene con se stesso, anche senza tanti soldi, visto che se leggete questo blog i soldi non vi interessano.

Esistono ancora i beni rifugio?

Esistono ancora i beni rifugio?
Relativamente a cosa siano i beni rifugio non esiste una definizione chiara ed univoca. Qualunque cosa siano l'unico dato certo consiste nella loro caratteristica di conservare il loro valore intrinseco senza subire svalutazioni nel tempo.
Sotto certi punti di vista il periodo che stiamo vivendo è anche peggiore rispetto al culmine della crisi economica, che ormai appartiene ai ricordi del 2008.  Troppi i fattori di volatilità dei mercati che spingono alle speculazioni sui prodotti o sulle piazze più deboli, come i sistemi bancari intossicati oppure come il lentissimo rialzo dei tassi di interesse statunitensi – che saliranno sì ma “in modo graduale”, come ha detto la presidente della FED, Janet Yellen. Gli investitori, proprio come nelle fasi iniziali della crisi, vanno verso i cosiddetti beni rifugio. Si tratta di investimenti che non danno interessi immediati ma promettono di mantenere il loro valore ed eventualmente di generare guadagni sul medio-lungo periodo.  
Quali sono i pro e i contro? Come proteggere i risparmi di una vita in tempi di crisi? La scarsa fiducia nello Stato, la paura che la banca possa improvvisamente risultare nullatenente, la scarsa fiducia nei mercati e nella politica economica dei vari paesi fanno ripiegare sui beni rifugio. Ma la paura è sempre una cattiva consigliera, specie nelle scelte di investimento. Ecco come muoversi tra oro e diamanti, valute straniere, immobili e opere d’arte.
Oro Ormai le quotazioni dell’oro tendono a scendere quando i tassi risalgono e, navigando intorno ai 1.260 dollari l’oncia, individuano il metallo giallo come il miglior asset del 2016: dal primo gennaio ha guadagnato il 17%, anche se potrebbe non durare molto. Non solo: gli ETF, cioè i fondi di investimento a gestione passiva negoziati come azioni, sono tornati a crescere ma anche la domanda concreta di oro, per esempio dalle banche centrali, che se ne 2015 è nel complesso leggermente calata in realtà oggi è tornata a crescere.
Diamanti Se per molti analisti i beni rifugio non esistono più, le dinamiche sono confuse. Le quotazioni di diamanti è per esempio in costante rialzo da oltre vent’anni, in contrapposizione all’inflazione, con una stabilità credibile e unica nei mercati dei beni illiquidi. Sono una risorsa in via di esaurimento. In Italia i diamanti sono inoltre esenti da tassazione sul capital gain e costituiscono un utile strumento di gestione delle successioni; sono di fatto una valuta internazionale che concentra enorme valore in pochissimo spazio. Altre indagini raccontano, sulla base delle informazioni del Rapaport Diamond Index, uno dei listini di riferimento dei mercati all’ingrosso, di un crollo del 60% in termini reali negli ultimi trent’anni. Tuttavia bisogna stare molto attenti a fare calcoli del genere. Per esempio, se vi diciamo che un carato di massimo livello di colore e purezza costava nel 1978 6.100 dollari e oggi 22mila, è vero che considerando l’inflazione di questo periodo la perdita è stata di circa il 40%, ma poiché i diamanti sono quotati e scambiati in dollari, l’andamento dei cambi ha completamente sterilizzato queste supposte perdite, per cui la prima cosa è l’informazione corretta, che purtroppo non è per tutti. Il mercato dei diamanti è comunque ricchissimo ed estremamente complesso: i diamanti non sono ovviamente tutti uguali, il valore dipende dall’incrocio di colore, purezza e taglio. I migliori sono pochissimi, meno del 2% del tagliato complessivo mondiale e le quotazioni variano dunque in funzione di questi parametri e ovviamente di molti altri.
Immobili Oro e diamanti comunque non sono un’abitudine di risparmio per gli italiani, che sul mattone mettono da sempre il grosso dei loro portafogli. Il 2015 è stato l’anno della ripresa per gli immobili con un fatturato cresciuto del 3,7% circa e più o meno in tutta Italia. Parallelamente al mercato immobiliare c’è quello dei mutui che sono raddoppiati rispetto all’anno precedente: per l’Abi +97,1% per un importo erogato di 49,8 miliardi di euro. Nel 2013 erano stati 19, nel 2014 25,2.  
Opere d’arte Investire in arte diventa redditizio su tempi molto lunghi e su autori e opere specifiche. In generale, il mercato dell’arte mondiale vale circa 13,5 miliardi di dollari. Il problema è che i primi dieci artisti trattati ne generano un terzo. L’arte contemporanea, pur valendo solo il 13% del fatturato globale, è il segmento più vivace. Dal 2000 si è moltiplicato per 18 volte e l’indice dei prezzi delle opere degli artisti nati dal 1945 è passato in un decennio da 100 a 138 con punte superiori a 150. Il mercato italiano, secondo Artprice, vale meno di mezzo punto percentuale. Ma il mercato è vivace e, se l’acquisto è corretto, il valore rimane stabile, sottraendosi ai deliri finanziari. E anche i piccoli risparmiatori possono avvicinarsi a lavori certificati e quotati senza farsi spaventare. Il punto è, relativamente a tutti i beni rifugio, che bisogna essere finissimi conoscitori: scegliere l’opera e l’autore giusto può essere difficile quanto acquistare un diamante di qualità o capire come funziona il mercato dell’oro.

Valute Le valute sono ovviamente beni rifugio anomali per la loro estrema volubilità e per la forchetta molto ampia fra rischi e guadagni sul Forex, che è il mercato internazionale dei cambi. Solitamente le si indica come tali durante le crisi finanziarie sperando che le più forti riescano a conservare il loro potere d’acquisto durante le turbolenze.  

Approcci al rischio finanziario

DIAMANTI: APPROCCI AL RISCHIO
Nell’orizzonte finanziario di ogni investitore possono essere presenti varie tipologie di rischio che, in moltissimi casi, producono impatti spesso molto negativi sui tipici strumenti del risparmio gestito dove la negatività dell’impatto si misura in proporzione alla conoscenza che di questi rischi si ha, nel senso che quanto più lo si conosce più controllo si ha del rischio. Ma l’investitore medio non ha tempo di studiare finanza, non ha spesso desiderio di approfondire l’argomento e spesso non ne ha nemmeno le competenze. Il diamante da investimento, se correttamente inteso, è un’operazione economico – finanziaria che si apre e si chiude e che utilizza come base il bene rifugio per eccellenza, il diamante certificato. E’ quindi adatto a tutti coloro che, sebbene informati, non hanno quello che viene chiamato il “QI finanziario” (Kiyosaki), per cui si avvicinano al mondo degli investimenti senza conoscenze né esperienze, non distinguendo il contenuto dal contesto e pensando in fondo che denaro e valore siano la stessa cosa.
La percentuale di rischio che grava su un portafoglio finanziario c’è sempre; un portafoglio di solito è composto da diverse tipologie di asset class il cui controvalore complessivo è correlato positivamente al verificarsi di eventi di portata macroeconomica e geopolitica, come ad esempio una crisi di governo o una comunicazione della Federal Reserve o della Banca d’Italia sul rialzo dei tassi di interesse. La percentuale di rischio insita in un portafoglio normale è sempre tale da stravolgere in maniera significativa la sua stabilità e ciò di cui dovrebbe preoccuparsi l’investitore è la cosiddetta “resilienza” del suo portafoglio, cioè la sua capacità di resistere e di riequilibrare situazioni di perdita o di assestamento dei mercati finanziari.
Il rischio di scenario
Il rischio di scenario, cioè la comprensione di come i prossimi appuntamenti di portata politica a livello mondiale potranno produrre cambiamenti nei mercati finanziari, è diventato in questi ultimi anni la prima preoccupazione per gli investitori istituzionali, e di riflesso dovrebbe preoccupare anche l’investitore medio, se solo sapesse di cosa si tratta.  
USA ed Europa
Per gli USA il successo di Trump e qui in Italia la bocciatura del referendum costituzionale spingono le politiche mondiali a lavorare per preservare la situazione di questi paesi economicamente importanti i quali potrebbero dare avvio ad un cambio di rotta epocale sul versante occidentale, anche perché l’Europa non può esistere senza un allineamento di visione politica tra Italia, Francia e Germania. Si sia d’accordo oppure no, Trump è un punto interrogativo per la politica estera degli USA per i prossimi cinque anni visto che è filorusso ed è pronto ad ostacolare l’emersione economica dell’Asia e soprattutto della Cina. In Italia la vittoria del NO ha dato inizio ad una crisi di governo ed è molto plausibile aspettarsi, nonostante gli sforzi e le riserve di Gentiloni, un nuovo commissariamento del paese perché non ci si può permettere di andare al voto durante il primo semestre 2017.
Brexit
Dopo la Brexit il rischio di scenario è più che mai visibile; in Francia lo spostamento verso destra è più che certo. Aspettiamo anche la Germania a settembre, ma quanto accaduto alle recenti elezioni nel Land di Mecklenburg ci fa dire che la carriera politica di Angela Merkel sembra finita. In Germania oggi si stima che il secondo partito per consenso è Alternative Fur Deutschland, una nuova formazione politica di destra liberale, nata qualche anno fa, contraria alle frontiere aperte e a Bruxelles, oltre che all’euro in generale.
Il fronte finanziario e il piccolo risparmiatore
Per la finanza il 2017 sarà difficile; l’intervento delle banche centrali, a causa di un esaurimento degli strumenti monetari disponibili, sarà forse inutile e le recenti vendite di quasi tutto l’obbligazionario governativo è un segnale perché sono considerati strumenti di debito troppo influenzabili dai livelli dei tassi di oggi e troppo legati in termini di sostenibilità e vulnerabilità alla coesione economica e politica dell’Europa ed alla politica monetaria della FED negli USA; cioè? non c’è più un soldo per nessuno.
Che fare?
Ma allora il risparmiatore medio, cioè quel signore o quella signora che hanno lavorato una vita per mettere insieme in banca quei 30/50 mila euro che vorrebbero lasciare ai propri figli, quel signore che ha risparmiato una vita per riuscire a crearsi uno zoccolo duro di denari e che è stato così attento da non darli in pasto all’azionariato bancario, quella signora che vuole pagare gli studi dei figli e stare tranquilla in pensione sapendo che il suo denaro non perde di valore, che cosa deve fare?
Questa è tutta gente che quando vede in TV l’inserto finanziario cambia canale e chiede all’amico cosa fa lui, oppure si getta nelle grinfie spesso poco simpatiche dei vari consulenti che ti collocano ciò che fa maggior reddito a loro (non tutti, ovviamente). Un esempio? Solo prendendo un BTP italiano con tasso al 4.5% ed una scadenza al 2024 è possibile notare un sensibile deterioramento della quotazione e del trend che sino a qualche settimana fa sosteneva le quotazioni, passando per questo da un 127 punti di inizio settembre a un 123 punti odierno, quindi con una contrazione decisamente notevole di oltre 3% in appena poche settimane.  
Il diamante può fare qualcosa?

Il diamante più o meno si livella su questi ordini di percentuali annue, ma ha qualche cosa in più: non perde di valore. Il denaro passa di mano, è alla fine una specie di partita di giro, mentre il valore rimane e, cosa ben più importante, va mantenuto e, se possibile, aumentato. Se può difendere il capitale dall’inflazione e dalle svalutazioni ed è proposto in modo semplice e chiaro, comperare diamanti significa disporre del proprio denaro per assicurarsi un valore per il futuro e non affidarsi a beni che sono tali solo “sulla carta”, e che, insieme a mille avvertenze spesso illeggibili, ti dicono che hai cose che invece alla fine uno non ha.

Quando si parla di investimenti la gente sa di che cosa parla?

Quando si parla di investimenti la gente sa di che cosa parla?
Sarebbe bello che lo sapesse, se non altro per capire da che parte stanno le falsità.
Quindi, quando si pensa ad un investimento ci si deve porre una domanda o, meglio, molte domande come queste, e cercarne le risposte:
  • Che tipo di investitore sono?
  • Quali sono i miei obiettivi?
  • Che grado di rischio posso sopportare?

Sono domande noiose alle quali è meglio rispondere sempre “prima” piuttosto che trovarsi in una situazione difficile dalla quale uscire “dopo”.
Sappiamo che una delle più importanti motivazioni alla base di un qualsiasi investimento, e in particolare dell’investimento in diamanti, è la diversificazione del proprio portafoglio. Il portafoglio deve essere diversificato in modo adeguato, congruo e corretto. L’investitore “medio” non esiste in natura; infatti, non esistono investitori bravi o meno bravi, ma solo investitori bene o male consigliati.
Portafoglio diversificato?
L’orizzonte finanziario di ogni investitore dovrebbe prevedere sempre una categoria di rischio ma spesso non è così. Un portafoglio è ben diversificato quando contiene solo tre classi di asset: titoli, obbligazioni e contante; seguire questo modello è corretto ma solo in parte. Inserire invece in portafoglio investimenti alternativi, in modo da detenere in esso un bene sicuro e profittevole come i diamanti, è indispensabile per far fronte ad ogni situazione economica, sia essa favorevole o sfavorevole.  Il principio basilare di un investimento di successo, quindi, è la diversificazione ed il conseguente controllo del rischio. Ma per controllare il rischio bisogna conoscerlo, e spesso nessuno sa bene a che cosa va incontro quando investe.
Diamanti è materia prima? No
Il diamante non è materia prima, ma è assimilabile a essa. Da un punto di vista finanziario le materie prime sono replicate da precisi strumenti scambiabili nei mercati finanziari di tutto il mondo.
Il diamante non viene replicato da alcuno strumento finanziario perché non esiste in indice borsistico su di esso e le varie Borse diamanti sparse in varie parti del mondo non sono mercati terminali. Per questa ragione il diamante e il suo scambio è economia, non finanza e, almeno in Italia, non è e non  può essere un prodotto finanziario perchè gli mancano i fondamentali (Consob, 2013)
Nel corso del tempo (35 anni, un periodo lunghissimo in economia) i diamanti sono rimasti sempre molto forti e chi vi ha investito parte del proprio capitale ha potuto vedere una crescita costante e continua; di conseguenza, ha controllato il rischio minimizzandolo.
Che cosa sta succedendo?
Il rischio di scenario è diventato la prima preoccupazione per gli investitori istituzionali i quali sono consapevoli di come i prossimi appuntamenti di portata politica a livello mondiale possano produrre degli choc finanziari di notevole impatto. Sul fronte finanziario ci si sta preparando ad un 2017 tutt’altro che semplice. Addirittura si inizia a considerare l’intervento delle varie banche centrali non più capace di produrre risultati nell’immediato a causa dell’esaurimento degli strumenti monetari disponibili; quasi tutto l’obbligazionario governativo è in vendita perché di fatto non si crede più alla sostenibilità e alla solvibilità degli Stati europei. La coesione economica e politica dell’Europa non porta con sé un sensibile miglioramento dei valori e dei trend che sino a qualche settimana fa sostenevano le quotazioni.
Nulla dura per sempre

La diversificazione, una parola semplice ma efficace. La cosa principale da tenere a mente è che non esiste alcun asset destinato a funzionare per sempre: né azioni, né investimenti immobiliari, né materie prime né oro né diamanti. Non esiste mercato o investimento finanziario, anche il più solido e duraturo, che prima o poi non scenda, e la cosa importante è non farsi cogliere impreparati. Per questo una buona diversificazione del rischio del proprio portafoglio è fondamentale per gestire con successo i propri investimenti. Il diamante è per sempre se allocato nel portafoglio in modo congruo; poco, ma deve esserci.

lunedì 7 novembre 2016

Credere o no

Se pensiamo al nostro sapere, intendo: al sapere che ciascuno di noi ha con sé, inevitabilmente pensiamo a una cosa che, per grande e ben strutturata che sia, è sempre piccola se paragonata alla massa del sapere che esiste al mondo, e su questo chiunque può essere d'accordo perché anche il più grande esperto di una materia non sa nulla di altre, altrettanto complesse e importanti.
Ma lasciatemi immaginare una cosa: se anche riuscissimo a sintetizzare tutto il sapere dell'uomo in un solo insieme, sarebbe ben poca cosa rispetto a tutto quello che ancora c'è da sapere. Allora, se immaginiamo il nostro sapere come una specie di isola, la possiamo pensare sostenuta a galla nel mare magnum del mistero. E chi non vorrebbe farci un bagno eterno?

giovedì 29 settembre 2016

Non so

Chi infrange i traguardi spesso non teme la prima volta e frasi come "non si può" non ci sono nel suo vocabolario, non gli appartengono. 
Costui, invece, accompagna spesso la sua vita con altre due parole, "non so", due parole piccole, ma che sanno estendere la vita in territori mai visti prima, che però erano lì ad aspettarci.
Se Einstein non si fosse detto "non so", sarebbe rimasto forse il solito allievo distratto, e se Beethoven non se lo fosse detto forse sarebbe morto da semplice uomo affetto da sordità. Ma la storia del pensiero, e dei suoi avanzamenti che, faticosamente e spesso contro i bastioni della convenienza, vengono nonostante tutto portati avanti da certi uomini e donne, non sarebbe mai stata quella che è senza persone capaci di saltare gli ostacoli.
Ma questo può generare confusione, e spesso anche superbia; "nulla di nuovo sotto il sole" ha scritto l'Ecclesiaste, il massimo poeta biblico, autore di un lamento tra i più profondi sull'agire umano. Ma egli stesso era il nuovo sotto il sole, era una cosa diversa, come diverse sono tutte le cose che vengono fatte per la prima volta.
Chi, con dedizione e anche con coraggio, si rivolge a nuovi orizzonti, chi accarezza un'idea come si accarezza il sogno o la favola deve essere una persona che non ha timore di esporsi e di fare qualcosa di nuovo sotto il sole, perché per questo vale la pena vivere.

giovedì 4 agosto 2016

Umanesimo in economia

Mi piacerebbe avere in mano una bacchetta magica che funziona, ma mi occupo, dallo scranno più o meno elevati della mia professione, di teoria politica, e lo faccio nella città di Trieste che ho eletto tanti anni fa – e adesso anche vivendoci – come locus animi, il che vale a dire come nuova Patria dell’anima, e voi tutti capite se parlando dell’anima vi dico che essa non può esistere se non nel libero scambio tra gli uomini.
Non faccio politica attiva per migliorare la vita quotidiana della città – o del nostro paese, l’Italia - o per dare un futuro migliore ai nostri figli, e sapete perché? Perché non ne sono capace, specialmente da solo.
I grandi cambiamenti sociali ed economici che ci coinvolgono tutti ci hanno suggerito che dalle grandi difficoltà o si esce completamente trasformati, o non se ne esce affatto, e non credo che nessuno di noi voglia veramente questo.
Il motivo di base del mio lavoro è quello di riconoscere e anche diffondere in economia, finanza e mercati quell'umanesimo che proviene dalla cultura e che altro non è se non libero scambio di idee e di fatti. Per sconfiggere l'indifferenza. Sì, proprio quell'indifferenza che nasce o dalla mancanza di comprensione delle cose oppure dall'ignoranza - nel senso che non ci se ne occupa - di quelle stesse cose.
Non è più tempo di politiche del “fare” o del fantomatico “cambiamento” e di chi parla sempre e solo di diritti.
L'idea di base è che nulla deve essere cambiato, ma che tutto debba essere migliorato per farlo funzionare come si deve. Ci concentriamo sul comprendere le cose e i loro effetti, quindi una politica del capire che inevitabilmente diventa un movimento non più solo dei diritti – sacrosanti quando non colpevoli di falsità – ma finalmente dei doveri. Ognuno a casa sua.
Conviene a voi quindi darmi retta? Solo l’uomo è capace di provare la fede, la ragione e la speranza, spesso espressa oltre ogni misura; questo è detto bene dalla poetessa polacca Wislawa Szimborska, Premio Nobel, la quale in una sua poesia diceva che l’orca ha un cuore che pesa cento chili ma che non può usarlo per natura, e ne è contenta, al di là della sua semplice funzione fisiologica. Quindi un cervo autocritico o una gallina buddista non si danno, ma nemmeno un politico oggi degno di questo nome, visto che la politica – di cui tutti abbiamo bisogno – oggi è diventata un lavoro. Io un lavoro ce l’ho già, e posso fare teoria politica perché non ho niente da nascondere, neanche le mie incapacità, visto che ve le sto spiegando.
Ne vale la pena?
La nostra vita tra le persone è una tensione tra risonanze concettuali, echi di memorie, sentimenti, colori e percorsi di luce e di buio.
L’uomo, l’economia e la politica oggi interferiscono senza controllo; questa loro interferenza produce veri disastri, dove “disastro” significa “pioggia di stelle”, ma in questo caso si tratta di una pioggia acida.
Le origini del malvivere di oggi – come tutto da noi in Europa – deriva dal contrasto tra il pensiero greco e il Cristianesimo e si estende al comportamento dell’uomo in mezzo agli altri. Vince chi arriva prima, ma se questo è vero in una gara, non lo è mai in una società, dove tutti hanno lo stesso peso – o dovrebbero – e chi perde muore.
Il nostro futuro, che fino ad oggi ci siamo rubati a vicenda, non funziona più perché non stiamo capendo che stiamo commettendo un delitto verso le generazioni più giovani.
L’obbiettivo che le classi “colte” della nuova società di oggi si propongono – riuscendoci - è normalizzare ciò che per secoli la coscienza comune ha considerato eccezionale o addirittura inaccettabile, portando ad abbandonare i concetti di limite e di misura; chi segue queste cose proverà l’ebbrezza di sentirsi dalla parte del Bene e del Giusto e quindi non darà disturbo ai fautori di Nuovi Ordini e dei Nuovi Uomini, disposti a fare di tutto pur di raggiungere lo scopo.
In questo spettacolo di disgregazione vengono meno anche i codici di riconoscimento reciproco tra le persone e il loro valore, perdono significato i concetti di popolo e di nazione, incalzati dallo spettro di un’umanità omogenea e indistinta, ma liberale, consumista, multietnica e di fatto avviata al monoculturalismo occidentale.
C’è ancora chi si scandalizza, io per esempio. E lo faccio in pubblico, perché non ho paura di essere segnalato alla “polizia” del pensiero che ci dice cosa dobbiamo pensare e perché.
Certo, c’è chi reagisce, non potendone più.
Ma tutti esprimono il loro disagio esclusivamente nella forma del rifiuto, dell’astensione, del distacco. Il loro modo di dire no all’andazzo corrente è il silenzio, il “non ci sto” che però non sente nessuno perché non viene mai detto.
Il “politicamente corretto” che con i mezzi più vari, inclusa la violenza, si sforza di impedire alle opinioni altrui qualunque espressione, ci fa apparire spontaneo il giudicare eccessivo il prezzo da pagare per esporsi, anche perché o siamo tutti indebitati o schiavi della finanza, la sorella perfida dell’economia.
La dissidenza silenziosa è sbagliata perché si finisce che non lo sa nessuno e con il mettere in circolazione un veleno pericolosissimo, che ha già raggiunto ampie zone delle nostre società: la rassegnazione.
Insisto nel mio dissenso, che è anche la proposta: comprensione e spazio ai doveri.
Senza rendercene conto, stiamo aderendo come non conformisti e liberi pensatori a un conformismo di benpensanti che alla fine ucciderà noi e il nostro futuro.
La rassegnazione a fenomeni come l’immigrazione di massa, la disgregazione del concetto tradizionale di famiglia, la pretesa di far scomparire idee come quelle di sesso e di etnia, nella direzione di un accomodamento continuo per compiacere il Grande Manovratore, che è la logica del tempo presente, che tutti sperano porti ad una vita meno faticosa e dolorosa.
Questo non elimina il male e il disagio, ma li nutre.
Le coscienze provano commozione e compassione, giudicando male chi pensa che il cambiamento passi attraverso i sacrifici, pensando che qualcuno, comunque, alla fine ci penserà e rimedierà. Vedendo arrivare il proprio turno, l’Europa è destinata a far fronte a una forte crescita di conflittualità sociale e di ingiustizie, e il lavoro non serve più a produrre ma a difendere la ricchezza già prodotta, perché l’Occidente ha i giorni contati e le vittime saranno molte, dato che già ci sono.
Quello che faccio è la promozione di idee, progetti e soluzioni su un livello metapolitico. La conquista di una nuova e bella mentalità, attraverso la riflessione e la conoscenza, mi farà vincere o perdere una battaglia, ma il giorno in cui almeno una persona si scuoterà dal torpore, imparerà ad ignorare le lusinghe dei teorici dell’inevitabile accettazione dello stato presente delle cose e si scuoterà di dosso la rassegnazione, mi farà vincere la guerra.
“Nessuno ci crede più, ormai”, si sente dire da più parti. Io sì.

mercoledì 11 maggio 2016

Dove va l'economia di oggi?

Come filosofo dell’economia ho scritto, tra gli altri, il volume Economia e Indifferenza in cui si analizza senza la storia dell’Occidente spiegando le ragioni profonde delle nostre scelte culturali e quindi anche delle scelte economiche, il cui portato spiega la situazione di oggi da un punto di vista decisamente differente.
E’ tragicamente sbagliato pensare che l’economia sia una serie di espressioni numeriche che portano ad una sintesi più ordinata delle cose del mondo; non nel senso che questo non sia vero, ma perchè certi modi di pensare che ormai ci appartengono provengono dal modo di pensare cristiano.
L’Occidente è nato poco più di 2500 anni fa e si basa su due pilastri: il pensiero greco e il pensiero cristiano, dove il secondo ha imposto la sua influenza.
Oggi noi abbiamo la caratteristica di disporre grazie ai greci del pensiero astratto, e cioè di quel pensiero che procede per costrutti della mente astraendo dal mondo sensibile, perché i corpi cambiano e non sono fonti di verità. Da questa cultura astratta è nato l’Occidente.

Il modo di pensare di oggi, quello che imposta anche tutta l’economia e quindi lo sviluppo dei paesi moderni, è “tripartito”, nel senso che i greci avevano la vita e la morte, il bianco e il nero, mentre i cristiani hanno la terza opzione, il grigio, quindi c’è la vita, la morte ma anche la speranza.  
Questo modo di vedere le cose è oggi presente dappertutto.  
Nella cultura occidentale Dio è sempre stato tra noi. Se guardate al Medioevo, epoca in cui esistevano inferno, paradiso e in cui nacque anche il concetto di purgatorio, Dio esisteva, anzi: se provate a togliere la parola “Dio” dal Medioevo non capite più nulla, ma se la togliete dai tempi di oggi, li capite lo stesso. Provate a togliere ai tempi di oggi la parola “denaro”, li capite lo stesso? La risposta è no.
Il denaro è il generatore simbolico di ogni valore perché mi dice solo che cosa è utile. Il denaro, diceva Aristotele, non può produrre ricchezza perché non è un bene, è solo il simbolo di un bene.  
Il denaro è diventato il problema.  Si parla di crescita, ma oggi l’economia confligge radicalmente con il mondo della vita. Ogni volta che non c’è la crescita c’è un allarme generalizzato. Il capitalismo ci prevede solo come produttori e come consumatori. Alla politica spetta il luogo della decisione; oggi invece assistiamo a una politica che non prende più decisioni perché guarda all’economia. Nessun governo decide più se non ha sentito l’opinione dell’economia e della sua sorella più furba, la finanza.
Le idee non sono importanti per il loro significato ma per il loro effetto storico e purtroppo per vederlo ci vogliono generazioni di uomini. La storia d’Italia da dopo il 1945 ha assistito alla rapida crescita della ricchezza media che si accompagnava ad un aumento del benessere medio. Adesso è tutto finito. A livello planetario il mondo è andato avanti e decine di milioni di persone sono uscite dalla povertà. Ed è cresciuta la disuguaglianza.
In realtà, la crisi è stata prodotta dal crollo dei valori dell'uomo, ridotto a strumento del ciclo economico, con l'affermazione inequivocabile della totale autonomia morale dell'economia.

Da troppo tempo il valore di un uomo è legato a quanto può produrre e guadagnare, consumare e spendere. E a null'altro. Questo modello capitalistico si è dimostrato inconsistente e dannoso, producendo una utopia economica che ha provocato degenerazioni. Tutto vero. Eppure in Italia c’è dell’altro; mancano denari e manca liquidità, ma questa è solo la cosiddetta punto dell’iceberg; in Italia manca ben altro. Le carenze infrastrutturali sono purtroppo prima di tutto mentali, e impediscono spesso ai più giovani di pensare, e questo è il terreno più pericoloso in cui avventurarsi, perché uccidere lentamente il nostro futuro è un crimine contro l’umanità ed è il male, quello vero. L’indifferenza dovrebbe essere un reato. E’ il vero male di oggi.

venerdì 25 marzo 2016

Sposarsi con un veneto

Riprendo da Cosmopolitan.it di Nicolò Zuliani...
10 cose da sapere prima di uscire con un veneto
1. Beve. Crederai di essere uscita con un alcolizzato, poi di essere finita in un locale di alcolizzati, poi capirai che tutta la regione è così. Con l'avvento dei controlli, sui muri del veneto è apparsa la scritta "i vostri etilometri non placheranno la nostra sete". Qui gli animali domestici si chiamano Rum, Gin, Fernet, Spritz eccetera. Digli che sei astemia e hai la patente: ti inviterà a cena tutti i giorni.
2. Non diventerà mai vegetariano. Ai bambini veneti danno omogeneizzati di soppressa, merendine al branzino e succo di fagiano, quindi una cena con lui è l'equivalente di un disastro ambientale. Non dirgli che mangi hamburger di soia o cibi senza glutine, in veneto quelle cose sono guardate con un misto di diffidenza e orrore. Da noi il progresso arriva lento. Quando arriva.
3. È romantico come una motozappa. Ci si impegna, ma il veneto è di indole pragmatica. Gli parli di stelle? Lui guarderà il cielo e imprecherà uso camionista, perché se piove non si può andare in camporella. È tipo un Urukai con l'anima di un Hobbit. Non sperare in serenate e sguardi languidi. Un veneto è diretto. Tieni collana sbriluccicosa. Tieni cibo. Togli mutande.
4. Aggiusta. Un veneto non chiama l'idraulico nemmeno se il letto sta galleggiando in mezzo al salotto. Discende da contadini grossi come armadi che prima insegnavano ai figli come costruire una libreria, poi (eventualmente) a leggere. Per convincerlo a salire da te basta dire che hai un tavolo malmesso o una mensola cascante. Sfoggia la biancheria sexy solo dopo che ha finito di sistemarli, però. Abbiamo le nostre priorità.
5. È un animale da sagra. Un veneto puoi portarlo in discoteca, nei pub o nei locali più chic, ma il suo cuore batte solo davanti a un piatto di plastica, tra fumo di griglia e cori alpini. Che sia tra le rocce delle Dolomiti o nel fangoso cuore della palude, se ti porta a una sagra è segno inequivocabile che con te fa sul serio. Non dimenticare l'antizanzare.
6. Viaggia poco. Ai veneti piace muoversi per periodi di tempo limitati. Se non vediamo scritto "osteria" ogni cinque metri ci viene l'horror vacui. Preferiamo scampagnate per le infinite meraviglie della nostra regione, quindi non sperare di trascinarlo a vivere all'estero o di trasformarlo in un cittadino del mondo. Siamo piante con radici troppo profonde per essere trapiantate. Poi chi se ne frega dei Caraibi? c'è Jesolo!
7. Per lui è tutto un gioco. Un veneto non prende niente sul serio, e più il contesto richiede serietà, più lui la butterà in vacca. Ti regalerà stupendi mazzi di fiori e nel bigliettino troverai disegnato un pene. Al primo appuntamento avrà le mutande di Superman. Si presenterà ai matrimoni in bermuda. Non esistono problemi che un veneto non affronti a risate, il che lo rende un compagno di vita ideale. O un insensibile. Dipende dai punti di vista. 
8. Fa tremare i pilastri del cielo. Se apriamo bocca possiamo dire tante oscenità da annichilire una statua di marmo. Non esiste una sola esclamazione, interiezione o frase che si possa trascrivere qui. Diciamo che il veneto ha un rapporto molto… uh, amichevole con le divinità, perciò è importante tu dica subito se sei credente. Ma gli bloccherai l'80% del vocabolario. 
9. Ha una famiglia incasinata. Il veneto parla poco, si esprime a gesti e appena sente odore di emozioni fugge. Quindi le nostre sono famiglie piene di segreti, deduzioni, equivoci, punti in sospeso mai chiariti. È normale non parlare coi propri parenti da anni, ed è altrettanto normale non ricordarsi perché. Se dimostri di poter fare da ponte di comunicazione, sei già indispensabile.
10. È una roccia. Può sembrare un sempliciotto o un ingenuo, ma un veneto ha meccanismi mentali inossidabili. Non farà mai debiti. Lavorerà come un ossesso e non farà mai mancare niente in casa. È il vicino di casa che non ti saluta ma ti ripara la tettoia. Qualunque sia il problema, un veneto non chiede aiuto ed è orgoglioso di risolverlo da solo. Non è facilmente approcciabile, ma può dare soddisfazioni.

lunedì 22 febbraio 2016

Si dice che se un italiano è bravo, lo è molto di più di qualsiasi altro. Sapete perchè? Perchè se uno è bravo in un altro paese tutto il paese lo sostiene, se uno è bravo ma è italiano, ha tutta l'Italia contro.

mercoledì 3 febbraio 2016

Cos'è la cultura

Se si spingono i bambini a suonare, a dipingere o in generale a dedicarsi alle arti non è perché essi un giorno possano diventare musicisti, pittori o artisti, ma per renderli capaci quel giorno di riconoscere il bello, il che implica saper riconoscere l'essenza e di conseguenza capire che per arrivarci bisogna fare uno sforzo, bisogna fare fatica. Questo li aiuterà a fermarsi prima di giudicare, a chiedere prima di rispondere e, in una parola, a rispettare le persone. Questa è la cultura.