giovedì 12 novembre 2015

Un nuovo libro che sta per uscire

Fra meno di un anno uscirà il volume Il difetto nel trading fisico delle materie prime, un altro volumone di oltre 1000 pagine che farà il punto in un settore troppo poco conosciuto.
Chi decide di impostare la sua vita professionale nel settore del commercio internazionale lo può fare da diversi punti di vista: può fare l’avvocato internazionalista, il commercialista o il consulente aziendale esperto nei differenti aspetti delle transazioni commerciali dei contratti internazionali, mettendosi così nel settore dei servizi alle imprese; può farsi assumere nell’ufficio esteri di una grande azienda che esporta in – o importa da – paesi esteri, divenendo piano piano un esperto di alcuni aspetti dei mercati internazionali; oppure può decidere di fare da sé e impostare la sua posizione professionale nell’ambito del commercio delle materie prime o dei prodotti.
In riferimento a quest’ultimo caso, vi diamo subito dei numeri: al mondo oggi ci sono più o meno due miliardi di persone che mandano email con delle offerte tanto ghiotte quanto fallaci o addirittura false o non controllate o prese e riprese da motori di ricerca; se ad esempio andate su siti web specializzati in commerci di varie cose, ma frequentati da milioni di persone in tutto il mondo, troverete offerte eccezionali, documenti commerciali relativi a queste offerte già firmati, vidimati e pubblicati, quando non vere e proprie Lettere di Credito già approvate dalla banca traente; tra questi miliardi di persone che giocano con il computer ci sono compratori, venditori e intermediari. Sempre tra queste, ci sono circa centocinquanta aziende in tutto il mondo che si sostengono con il successo raggiunto in questi settori del commercio, per cui in Italia ce ne saranno molte meno, e lasceremo a voi calcolare la proporzione.
Ma tutti, compratori, venditori e intermediari condividono due nemici comuni: l’ignoranza e il truffatore. Ogni anno che passa, i truffatori sembrano diventare sempre più presenti, sembrano riuscire a truffare l’interlocutore forte e quello debole allo stesso modo e sparire spesso con i soldi delle persone oneste e capaci, ma che evidentemente non sono così informate.
Questo boom di attività fraudolenta si è verificato in misura direttamente proporzionale alla crescita di Internet.
Non è un segreto che i progressi nella tecnologia delle comunicazioni hanno aperto le porte del mondo al commercio, e il titolo di mediatore, che una volta era molto stimato e difficile da raggiungere, oltre che ben disciplinato dalla legge, come in Italia, è ora appannaggio illegale di chiunque abbia una connessione Internet e quindi possa definirsi sedicentemente come tale, oppure broker o mandate, cose tra loro assolutamente diverse ma che consentono di iniziare a fare trading.
Nascondersi dietro l'anonimato di Internet e dei siti per la registrazione immediata di denari, comunicare la certezza – di fatto illusoria – di poter creare in un solo momento fonti convincenti di business e reddito per le imprese, cose che nella realtà economica non sono mai esistite, consentono a chi ci crede di dare a questi truffatori del world wide web l’ossigeno per continuare a rubare e a creare false aspettative in chi si occupa di affari.
La seconda cosa che ho nominato è alquanto pericolosa perché la creazione di false aspettative porta a perdite di tempo, in qualche caso di anni, e il tempo costa, costa molto. Come in una ragnatela letterale, i commercianti sprovveduti si impigliano in discussioni seducenti fatte di bugie ben scritte e circostanziate, per poi farsi dissanguare dai predatori più abili.
Come un mediatore moderno, il vostro successo si basa in gran parte sulla costruzione di una reputazione sulla solida roccia dell'affidabilità e dei risultati; soprattutto questi ultimi, perché anche un cane è affidabile, ma non fa trading.
Le operazioni commerciali a ripetizione sono spesso la migliore palestra che un broker può ottenere, e questo viene a seguito di buoni risultati per i vostri clienti che pagano. Quindi non basta trovare i prodotti giusti al prezzo giusto, ma bisogna saper proteggere i loro e i vostri fondi dai truffatori o dalla gente improvvisata. Quando un broker viene truffato, il suo problema non sono solo i soldi che ha rischiato sul commercio che sono andati perduti, ma anche la notevole quantità di guadagni futuri che scompaiono insieme ai clienti che conseguentemente perdono la fiducia e passano a un broker più affidabile.

La buona notizia è che anche in quello che oggi nel mondo è il commercio virtuale, ci sono modi per mantenere le cose ancorate alla realtà; evitare le truffe, saperle quindi riconoscere e individuare facendo vostre le occasioni reali di business vi garantirà il successo e la redditività per molti anni a venire.

venerdì 6 novembre 2015

A mio figlio

Assordanti
Le tue cellule
Con le mie mani
Ho fatto.
Nel pieno
Rigoglio
Lenta
Placenta
Dietro i miei ricordi

Sparivi.

8.

8.

Raggiungere la chiesa di Santa Maria
A piedi sulle scale,
tante scale
sconnesse
nei brillari di pietra
bagnata
al sole invernale.
Gelidi fili d’erba
Nati quasi dal cemento
Si sfilacciano nell’aria debole.
Un dolce accompagnarsi
Dell’aria
A questi rumorini di suola ghiacciata
E umida
Più un piede che l’altro,
che uso
quando percorro le mie strade
separate
di vita nozionistica di legami.
Tanta indifferenza voluta
Dal passare degli anni
Persi
A trasformare
Esili strade di ghiaccio
In piccoli bacini
Che come quei gradini
Sono tesi
A contenere con tanto sentimento
Un vuoto senso di ordine
Mentre ci passi sopra
Scoppiettando con i piedi
Nell’illusione di non scivolare.
Spostandomi indago
E affronto
Di importanti classificazioni
La ridicola tela del delirio mio
Programmato a confondere
La pigrizia di vivere.
E indico i fili
Dell’apparenza
Come una struttura di sorrisi.
Magari fosse!
Solida e colma di umori
Sarebbe quella, almeno,
ad essere pensata.
Di inverno mi avvolgo
E mi accompagno
di brividi,
sensazioni di cose pensate
pensieri come reticolati.
La paura è tutta

In quello che abbiamo vissuto.

La corretta tutela del patrimonio



Tra le operazioni finanziarie volte alla tutela del patrimonio il Diamante da Investimento è forse la più intelligente perché è semplice.
Viene infatti utilizzato il bene rifugio per eccellenza, il Diamante certificato, che preserva il capitale da inflazione, svalutazioni e bolle speculative.
Come si fa? Si acquista il “diamante finanziario”, un diamante certificato da un istituto gemmologico affidabile; in genere si lavora con il GIA e l’HRD, i maggiori istituti mondiali.
Ma non basta: deve esserci l’obbligo contrattuale al ricollocamento e delle garanzie che solo poche società possono dare.
Il Diamante da Investimento non ha nulla a che vedere con il diamante che si può comperare dal gioielliere; infatti, il gioiello è un acquisto che poi non si ricolloca sul mercato, se non con perdite consistenti di denaro, mentre il Diamante da Investimento viene trattato come una reale operazione di tipo finanziario, quindi c’è una quotazione precisa e univoca su listini ufficiali. La garanzia dispone che, una volta ricollocato, quel diamante o quei diamanti verranno liquidati alle quotazioni attualizzate dai listini ufficiali al momento della richiesta.
L’investimento in diamanti è molto intelligente, specialmente oggi dove la tutela del proprio patrimonio è importante. Gli interlocutori più seri in materia finanziaria non parlano mai di rendimenti ma solo di controllo del rischio, perché quest’ultimo è la sola cosa che si è in grado di controllare. Quindi il Diamante da Investimento, da questo punto di vista, è un’operazione low risk. In realtà va visto come investimento complementare; fiscalmente non ci sono bolli e imposte sui guadagni (capital gains) e si sta anche al sicuro da eventuali “patrimoniali”. E’ un’ottima forma di investimento perché è caratterizzato da rendimenti reali.

Chi può farlo? Dal punto di vista dei capitali da dedicare possono farlo tutti perché si inizia anche da piccole cifre, e poi lo fa chi cerca un “salvadanaio” diverso dal mercato attuale bancario e finanziario o dal mattone ormai pluritassato.  Se si fa questo tipo di investimento in banca, non essendo un prodotto bancario, si pagano commissioni alte e i soldi sono vincolati per molto più tempo.

mercoledì 26 agosto 2015

Economia e Indifferenza

Quando mi chiedono che lavoro faccio, rispondo che sono imprenditore e scrittore.
Infatti, e lo dico anche nelle prime sei righe di questo libro, come del resto si conviene a tutti i grandi filosofi che in quanto grandi non hanno paura di scrivere in modo chiaro che cosa vogliono dire, nella mia vita di studioso e di imprenditore cerco sempre di coniugare la pratica di ogni giorno con la teoria. Cioè: Pirandello diceva che la vita o la si vive o la si scrive, e io tento di fare le due cose.
Io, che mi definirei un filosofo dell’economia, sostengo un pensiero forte.
Che cosa significa? Significa che non ne possiamo più di commentatori di scritti degli altri; oggi c’è bisogno di gente che scriva in modo chiaro le proprie idee e il proprio credo. I filosofi di un tempo lo facevano. I grandi filosofi hanno sempre scritto in modo chiaro quello che volevano dire. Ricordo che una volta un mio professore mi chiese di portare l’Etica di Spinoza e io mi affannai un pomeriggio intero a compulsare i testi di storia della filosofia per trovare che cosa volesse dire Spinoza nella sua etica; poi mi venne la pazza idea di andare in biblioteca a vedere direttamente nel libro Etica scritto dal filosofo, e nelle prime sei righe trovai l’esatta definizione. Se quindi provate a leggere direttamente i loro testi, tutto questo vi apparirà chiaro immediatamente.
In questo libro vi porto a spasso, per così dire, per 4000 anni di storia spiegando in sostanza quali sono le ragioni profonde di determinate scelte fatte un tempo – e ripetute oggi – in economia e a livello di politiche sociali. Quindi c’è una parte filosofica, dove cerco di individuare le basi del discorso che andrò a sviluppare, le basi logiche, arrivo poi ad intersecare la filosofia delle scelte morali con le dinamiche religiose, approfondendo sul serio tutto il discorso biblico, per dire alla fine insieme al lettore che le ragioni di certe scelte hanno origini morali permeate di religione, purtroppo per tutti quest’ultima vissuta male e applicata peggio.
Non fraintendetemi, però. Questo libro non è una critica alla Chiesa o al cattolicesimo, ma una critica filosofica alla società e alle scelte compiute dagli uomini in questi ultimi 4000 anni. L’ho fatto per ragionare insieme a voi, ai lettori, e per interrogarmi sulle vere ragioni delle nostre scelte e se, a questo punto, ci sono possibilità di un miglioramento.
La nostra vita tra le persone sembra essere un percorso logico descrivibile come una tensione tra risonanze concettuali, echi di memorie, vibrazioni di pensiero del genere più vario, colori e percorsi di luce e di buio. Lo studio delle valutazioni morali e tra queste del giudizio ci apre la mente della ricerca speculativa e scientifica a molte nuove porte attraverso cui è possibile raggiungere una migliore conoscenza delle nostre scelte.
Oggi giungono a noi sprazzi di sapere, di informazione e anche alla fine di verità contaminati dall'inquinamento filosofico delle generazioni passate e anche da quello della mente razionalistica che pure deve essere usata in economia.
Ho cercato di spiegare - attraverso 4000 anni di storia - come sono giunte a noi informazioni di pensieri e impressioni appartenenti a mondi apparentemente lontani o irraggiungibili perché oramai distrutti, ma che restano e sono effettivamente rimasti a noi collegati intimamente per mezzo di analogie e di risonanze per le quali microcosmo e macrocosmo si compenetrano e convivono, pulsano e soprattutto vibrano nella dinamica di quell'unico respiro che unifica la più piccola delle particelle subnucleari al più grande dei corpi celesti.
Frequenze morali e informazioni economiche. Molto spesso la loro interferenza produce esiti scontati, altre volte veri disastri e, se vale l’etimologia citata da George Steiner, dove “disastro” significa “pioggia di stelle”, in questo caso si tratta di stelle pesantissime e non gestibili.
Un’inconciliabilità di base si intravede subito; parliamo infatti di morale, una cosa che trae le sue origini – come tutto da noi in Europa - dal pensiero greco e che estende i suoi significati più propri al comportamento dell’uomo in mezzo agli altri e di un’altra materia, l’economia, appunto, che garantisce il suo risultato sulla base dell’analisi di cicli di comportamento soprattutto collettivo delle società al fine di ricavarne una previsione e di asimmetrie informative la cui presenza non solo non viene dichiarata dai protagonisti dei mercati, ma viene taciuta per utilizzarle in anticipo su tutti gli altri.
In questo libro dichiaro che c’è presenza di una teologia biblica e della recente letteratura teologica anche non italiana, oltre ad essermi liberato dall’assunzione più o meno esplicita di numerose premesse filosoficamente erronee o perlomeno fantasiose, cercando di non negare o perlomeno di non svuotare di significato almeno una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica.
Ho cercato di annullare una relativa povertà di dati autenticamente teologici, e di non utilizzare la tecnica di accumulare citazioni da tutto lo scibile umano la quale, oltre al rischio di distorcerne il senso reale ai propri fini in quanto esse fanno parte di assetti logici a volte del tutto diversi, non corrisponde affatto ad una metodologia seria che faccia capire.
E’ facile attribuire le speculazioni contenute in questo libro ed elencare tutte le matrici che sono di comune conoscenza agli addetti ai lavori, come il platonismo, il razionalismo gnostico, lo scientismo, l’eclettismo e tutte le altre, ma quello che comunque desidero che domini è un razionalismo convinto che vuole discutere di realtà.
Nel contesto di notevolissima confusione sulla religione e la Chiesa tipica della cultura mediatica contemporanea, non vorrei contribuire ad aumentare tale confusione. 
Fare il bene e fare il proprio interesse possono essere due cose conciliabili tra loro, ecco il problema alla base di questo scritto.
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Ma vorrei dire un’ultima parola sulla realtà di oggi, un argomento finale cui il libro nei suoi ultimi capitoli, dopo aver spiegato le ragioni storiche, tenta di dare una risposta.
L’Italia è un paese in recessione, inutile negarlo. Ma al di là della recessione, che tecnicamente significa una certa cosa, l’Italia è in crisi globale, e questo lo sanno tutti, anche coloro che non hanno la minima idea di che cosa significhi “crisi”, ad esempio coloro che non hanno mai avuto nulla…mi ricordo che durante un mio recente viaggio in Africa, quando chiesi a un abitante del luogo se fossero in crisi mi sentii rispondere che loro non sono mai stati in crisi perché la differenza tra sottozero e zero è trascurabile.
In Italia le aziende chiudono e bisogna dare la colpa a qualcuno. Allora la colpa la diamo facilmente della crisi economica internazionale, e quando ho detto questo sapete bene che non ho detto nulla. Tutto nacque intorno al 2008 con la crisi americana dei “subprime”. Da quel momento in poi banche e finanziarie sono crollate e hanno creato un effetto domino in tutto il globo. Tutto vero. Eppure in Italia c’è dell’altro.
Ma, voi direte: perché questo signore parla di aziende solo? Perché sono le aziende, cioè l’iniziativa privata, che sostengono l’economia di un paese, e questa è una cosa che nessuno, né a dx né a sx, si metterebbe in testa di contraddire; poi ci sono i servizi, importantissimi, del resto, e mi chiedo qui con voi dove pensa di arrivare uno Stato che ha inventato i cosiddetti contributi figurativi, cioè una cosa che lo Stato dice che c’è e invece non c’è. Cosa vuol dire? Vuol dire che se io ho un dipendente e quello riceve in busta 1200 euro a me imprenditore me ne escono 2600, mentre per lo Stato la cosa è diversa perché i contributi sono figurativi, quindi figurano di esserci, ma in realtà non ci sono.
Dove sarà il problema? Attendiamo che questa gente vada in pensione e poi mi saprete dire… e abbiamo poco da giustificarci con il fatto che esistono leggi degli anni 80, che quando uno fa causa allo Stato lo Stato vince sempre, che c’è gente che è andata in pensione a 34 anni sfruttando leggi di anni fa, che il PIL non va, che la Germania fa le cose a spese degli altri, che è aumentata la disoccupazione ma che c’è in giro gente che non vuole un lavoro ma uno stipendio, che la giustizia è lenta, che le cose non vanno, perché la colpa non è nostra ma noi abbiamo questa situazione che stiamo vivendo e che dobbiamo gestire.

Mancano denari, manca liquidità.
La mancanza improvvisa di liquidità è strettamente legata ai problemi delle banche. Le banche sentono la crisi e non finanziano più le imprese, le quali si trovano improvvisamente senza liquidità per pagare fornitori e stipendi e dopo un po’ sono costrette a chiudere. C’è poco da fare: se le banche non pagano, le aziende chiudono. Fine della storia.

La pressione fiscale è a dir poco asfissiante. Qualcuno ha calcolato – tra imposte, tasse dirette e indirette e balzelli vari – una pressione fiscale che supera l’80% IVA compresa.
Su 252 giornate lavorative, 103 riguardano scadenze fiscali, con il record del mese di luglio che prevede ben 45 scadenze. Secondo Confesercenti, seguire tutte queste pratiche costa 285 ore di impegno alle aziende italiane.
Chi non ha mai provato ad avviare un’attività in proprio, non può capire.  Insomma, senza dilungarmi troppo, la pressione fiscale asfissiante e la burocrazia kafkiana rappresentano sicuramente una grossa zavorra che impedisce la crescita.
E poi dobbiamo considerare le carenze infrastrutturali, che non sono solo le difficoltà di aprire un’azienda in zone dove non arrivano nemmeno i treni, ma le carenze infrastrutturali mentali, che impediscono spesso ai più giovani di pensare, e questo è il terreno più pericoloso in cui avventurarsi, perché uccidere lentamente il nostro futuro è un crimine contro l’umanità e il male, quello vero.
Fino ad oggi il male, quando lo vediamo nell'oppressione, nello sfruttamento e nell'annientamento dell'uomo da parte dell'uomo, è perdurante in maniera costante. Epoche si sono avvicendate a epoche: la società antica degli schiavi, la società feudale del Medioevo, la società mercantilistico-assolutistica dell'evo moderno, il capitalismo e il socialismo dell'età contemporanea, infine l’indifferenza generalizzata che caratterizza l’età presente.
Ma il male non è passato, ha solo cambiato pelle e, soprattutto, ha assunto dimensioni più colossali. L'umanità è esposta a un'esperienza colossale del male. Tanto più stupisce perciò il fatto che, malgrado tale dura esperienza, di cui ognuno può venire a conoscenza, si dissimuli continuamente il carattere fondamentale del male.
Il male di oggi è la supponente ignoranza. Presso le istituzioni politiche si continua a dire ad alta voce che la ricerca e prima ancora la scuola sono elementi fondamentali per lo sviluppo della società, ma sotto sotto non ci si crede affatto e non si insiste anche a livello politico per un rifinanziamento della scuola o per aumentare di vari punti percentuali del PIL i fondi destinati alla ricerca, oggi risibili specialmente in alcuni paesi europei tra cui primeggia l’Italia. Ma questa è solo una piccola parte del problema. Infatti, come si fa a parlare di ricerca e di un suo finanziamento se non ci sono ricercatori perché non ci sono più studenti? Certo, la scolarizzazione e l’università di massa sono state conquiste assolutamente essenziali per uscire dall’analfabetismo del secondo dopoguerra e dalla stagnazione presessantottina delle università baronali, ma oggi? La situazione è cambiata nel senso che tutti ormai vanno o sono andati a scuola e per questo hanno vissuto una stagione di progressivo annacquamento dei contenuti, per non parlare dell’altrettanto progressivo depauperamento della preparazione del corpo insegnante.
Se una volta gli studi per essere ritenuti seri dovevano essere anche (inutilmente) severi, oggi la serietà non è più di casa in nome del politically correct, in nome di lugubri disegni portati avanti da solerti amministratori che fanno apparire sulle strade ignobili cartelloni in cui si esortano i giovanissimi a frequentare solo le scuole tecniche perché alla fine troveranno un lavoro, scambiando di fatto la fiducia dei più giovani in voti alle elezioni dati dai loro genitori, e in nome di una colpa data una volta per tutte allo straniero che arriverebbe a invadere i paesi europei.
La consapevolezza invece che, quella sì, non dovrebbe farvi dormire la notte è che siamo tutti schiavi delle informazioni che altri vogliono dare in virtù di un nuovo ordine mondiale che tutti noi dobbiamo trangugiare sotto la tortura del debito; pensateci: chi è indebitato non fa la rivoluzione, non pensa alle prospettive e uccide il futuro che ha in sé, la scuola è mandata proprio per questo al massacro e purtroppo per tutti la formazione delle coscienze è diventata un’optional di chi scopre che la cosa è davvero importante e se la fa sa solo, ma non va bene perché solo la condivisione genera crescita.
L’educazione è la struttura di base della società nella sua forma più pura. Alcuni di noi andavano a scuola per cambiare il mondo, negli anni 90 si andava a scuola per trovare lavoro e oggi la scuola dell’obbligo è un palliativo perché i ragazzi non stiano troppo davanti ai videogiochi.
In questo momento la sovranità e l’indipendenza del Paese sono al centro del dibattito. La grande finanza è sporca per definizione, se intendiamo con il termine “sporco” tutto quello che non ha regole condivise non solo dalle classi abbienti della finanza mondiale, appunto, ma anche dalle classi inferiori.
La grande finanza è in mano a funzionari e manager delle agenzie di rating, e ne cito due fra tutte, Fitch e Standard & Poor’s. Queste agenzie sono state accusate di manipolazione del mercato per aver fornito false informazioni sull’affidabilità dell’Italia come creditore. Lo scopo fu una destabilizzazione dell’Italia sui mercati finanziari deprezzando i titoli di Stato. Tutto questo per imporre il mantenimento dell’Italia sotto il dominio finanziario.
E’ stata scoperta un’e-mail interna di S&P dell’agosto del 2011, che svela che già tre mesi prima delle dimissioni di Berlusconi, prima ancora della lettera con cui BCE dettò la politica di austerità che l’Italia avrebbe dovuto attuare per avere il suo supporto, l’agenzia sapeva del cambio di governo in Italia. In quella lettera si consigliava agli investitori di “prendere tempo” perché in Italia c’era la possibilità che venisse imposto un governo tecnico perché Berlusconi era sotto pressione da ogni parte. Questi sono delitti contro la personalità dello Stato. Ma poi a noi italiani basta andare alla partita, e tutto finisce nel senso che tutto ricomincia e nulla cambia veramente.
Un nuovo modo di intendere l’economia, quindi, salverà il Paese? No, non può farlo. Come non possono salvare il paese i magistrati, o per il loro colore politico, che qualunque esso sia, mal si intona con la toga, o per il fatto che la separazione dei poteri è come una chemioterapia che, pur necessaria, porta con sé tremendi effetti collaterali, o per il fatto che comunque qualunque processo contro lo Stato finisce come vuole lo Stato.
Il Paese si salverà solo se ci sarà una ripresa di politiche economiche volte all’interesse nazionale colpendo, Costituzione e Codice Penale alla mano, quello strapotere finanziario costituito che ci ha portato in questo incubo, recuperando il maltolto con strumenti giuridici straordinari.
Cosa sono le politiche economiche volte all’interesse nazionale? Paradossalmente, ed è uno dei temi del mio libro, esse non hanno quasi nulla a che fare, almeno in un primo momento fondativo, con la politica o l’economia, ma con i desideri delle persone, con la loro visione del futuro, con le loro ambizioni, con le loro ansie di fare e di costruire, che oggi tanti, forse troppi, stanno cercando di distruggere tappando i punti nevralgici dell’applicazione della Costituzione con il complice assordante silenzio mediatico e l’ostruzionismo del governo che si schiera con i nemici del Paese.
Non voglio fare il futurologo e quindi non vi dico quali sono le soluzioni ai problemi uno per uno, anche perché una prospettiva di soluzione la potete leggere nei capitoli finali del mio libro Economia e Indifferenza.

Voglio semplicemente dirvi, dal mio punto di vista, che oggi mancano al mondo almeno due cose: l’umiltà e la fame, la fame di conoscenza, di certezze, di umanità.

lunedì 20 aprile 2015

Un paragone in politica

Oggi, in quest'ambito di pressochè totale disaffezione alla politica, mi tornano in mente i politici di quarant'anni fa e anche prima. Li dividerei in tre categorie per ciascuna delle quali farò un nome solo: quelli che erano ammirati, come Spadolini, il cui acume politico era secondo solo alla sua levatura di storico del Risorgimento, quelli che erano stimati, perché gente come Berlinguer era stimata non solo dai "compagni", ma anche dagli avversari, e quelli che erano addirittura riveriti, come Pertini, che non girava con la scorta per le strade di Roma perché se fosse successo qualcosa credo che il popolo avrebbe fatto cordone intorno a lui.....
Tutte persone che avevano o pagato con la privazione della libertà o con lo studio "matto e disperatissimo" o ancora con la totale dedizione alla cosa pubblica, senza mediazioni; tutti comunque in grado di sostenere una conversazione senza scheletri nell'armadio; persone a cui la gente in qualche modo voleva bene, riconoscendone il valore al di là degli schieramenti politici.
E adesso pensate ai politici di oggi.....

mercoledì 25 marzo 2015

Una lezione di vita

Un giorno durante uno dei miei viaggi di lavoro in un Paese in via di sviluppo mi capitò di fermarmi con la macchina a noleggio per far passare un gregge di pecore.
Poiché il posto era molto selvaggio, ma di un'assoluta bellezza e io ero in transito ma avevo terminato i miei impegni, fermai il motore e mi godetti il passaggio di pecore e capre. Mi fermai anche a chiacchierare con uno dei tre pastori che mi diceva di avere la famiglia parcheggiata in un camper a poca distanza da lì. Quando mi accomiatai la mia auto non voleva saperne di partire. Feci il numero di telefono di emergenza e mi dissero che avrebbero potuto venirmi a prendere solo l'indomani. Poiché la mia difficoltà era evidente, i pastori se ne accorsero e mi chiesero se avessi voluto partecipare con loro alla cena e quindi fermarmi anche a dormire lì. Che potevo fare? Accettai volentieri, visto che eravamo ormai all'imbrunire.
Così mangiai agnello e ogni ben di dio e dormii comodissimo in uno dei camper che, fornito anche di doccia, mi consentì di non trascurare nemmeno l'igiene personale. Il giorno dopo i soccorsi tardarono a tal punto che dovetti fermarmi con i pastori anche per il pranzo e la cena e quindi anche una seconda notte. Il terzo giorno la voce al telefono mi disse che sarebbe arrivato qualcuno verso le sei del pomeriggio, quindi un altro pranzo in compagnia di quelle anime.
Quando l'auto sostitutiva arrivò io non volevo mettere in imbarazzo i miei straordinari ospiti offrendo loro denaro e quindi gli proposi di regalargli quelle poche vettovaglie che portavo con me. Il primo pastore mi ringraziò ma mi disse che per loro la più grande povertà di un uomo è non avere nulla da offrire. Quindi loro erano a posto, e anch'io.